Come si è vetrificato il cervello di un ercolanese, vittima dell’eruzione del Vesuvio del 79 dC. Il mistero è stato risolto da un team italo-tedesco di ricercatori guidato dal vulcanologo Guido Giordano del Dipartimento di Scienze dell’Università Roma Tre.
A chiarirlo è lo stesso Guido Giordano: «Quello che si sapeva finora con certezza è che questo materiale è di origini organiche e che aveva l'apparenza di un vetro, quindi ipotesi da osservazioni superficiali. La grande scoperta è che quelli non sono soltanto dei pezzettini di un cervello fossilizzato in senso generale, ma che hanno subito un processo di vetrificazione. Esistono tanti resti di cervello che si trovano in vari luoghi del mondo, ma la conservazione, al di sotto di suoli, di rocce, dentro tombe, è di varia natura, come la saponificazione o l’acidificazione, ma mai per vetrificazione.
Il motivo è ovvio, perché un materiale organico, un cervello che è pieno di acqua, a temperatura ambiente, è morbido, cioè soffice. Per arrivare alla vetrificazione abbiamo bisogno di due processi, il primo è un rapido riscaldamento, come se mettessimo del materiale in forno ad alte temperature e noi sappiamo che ci mette un po' prima di cuocersi, prima di carbonizzarsi, prima di ridursi in cenere. Noi associamo a questo passaggio alla nuvola chiamata Ash Cloud, nuvola di cenere, probabilmente per un ordine di tempo di qualche minuto, 5 minuti, 10 minuti, non di più, quindi breve a sufficienza da sollevare la temperatura di questo materiale, ma non distruggerlo completamente.
Quando invece l'evento di riscaldamento passa, il materiale rimane esposto all'aria e a quel punto la temperatura improvvisamente ritorna a quella ambientale; durante questo processo di raffreddamento possiamo avere la trasformazione in vetro. Ovviamente abbiamo potuto documentarlo con i nostri strumenti all’Università di Roma Tre, e abbiamo trovato anche esattamente la temperatura a cui questo processo è avvenuto, 510 gradi.
C'è ancora tanto da studiare e da approfondire sulle strutture neuronali. Sicuramente un aspetto importante è il fatto che, comprendendo meglio come funzionano le nuvole di cenere, possiamo aiutare gli studi di pericolosità vulcanica per un’area: il Vesuvio per esempio, o i Campi Flegrei».
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