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venerdì 3 aprile 2015

UN PO' DI DOCUMENTAZIONE CIRCA LE TRADIZIONI DI PASQUA


“Quanto è splendido il digiuno 
Che si adorna dell’amore
Spezza generoso il tuo pane con chi ha fame
Altrimenti il tuo non è digiuno, ma risparmio”

BUONA PASQUA
Il Giovedì Santo e l’antica tradizione d’ ‘o struscio a via Toledo struscio è una tradizione del Giovedì santo che consiste nel visitare i sepolcri, ovvero le solenni esposizioni del Santissimo, allestite in occasione della settimana santa.

La pastiera è una torta di pasta frolla farcita con un impasto a base di ricotta, zucchero, uova, grano bollito nel latte e aromi che, stando alla ricetta classica, sono: cannella, canditi e scorze d'arancia.
Le massaie napoletane la preparano solitamente il giovedì santo (quando per cena si mangia la zuppa di cozze) o il giorno seguente, anche se è possibile acquistarla in tutte le pasticcerie della città.
 La Pastiera e Partenope - C'è una leggenda che lega la pastiera alla sirena più famosa di Napoli. Il dolce proviene infatti dalle usanze pagane e dalle offerte votive della primavera. Probabilmente la leggenda è legata al culto di Cerere, divinità materna della terra e della fertilità, le cui sacerdotesse usavano portare un uovo in processione. L'uovo è infatti, nell'allegoria classica, simbolo di rinascita, poi ereditato dalla tradizione cristiana. E proprio nei conventi dei vari ordini cristiani, come avvenne per la "Santa Rosa" nel convento di Furore, la ricetta fu perfezionata giungendo a noi così come la conosciamo oggi. Particolarmente famosa divenne la pastiera delle suore del convento di San Gregorio Armeno. Tornando al legame tra la pastiera e la sirena, la leggenda vuole che gli abitanti della città decisero un bel giorno di ringraziare la sirena dopo aver ascoltato uno dei suoi dolci e melodiosi canti. Per ringraziarla, sette belle fanciulle furono incaricate di consegnarle doni della natura: farina, ricotta, uova, grano, acqua di fiori d'arancio, spezie e zucchero. La sirena consegnò le offerte agli dei che, rimescolando "divinamente" gli ingredienti, li restituirono sotto forma di pastiera. E come per il Casatiello anche la pastiera trova menzione ne La Gatta Cenerentola di Giambattista Basile, una delle fiabe del Pentamerone.

Storia del casatiello napoletano: sapore locale tutto da gustare!
Pasqua è sempre più vicina e non possiamo certo farci cogliere impreparati! Dopo la ricetta delle gustose cozze del periodo prettamente quaresimale, ripercorriamo la storia del rinomato casatiello.
La ricetta del casatiello è leggermente differente da quella del suo gemello eterozigote, l’altrettanto noto tortano, in quanto quest’ultimoviene consumato regolarmente durante tutto l’anno. Simbolo della Pasqua, invece, il casatiello si ripresenta esclusivamente nella festa dedicata alla resurrezione. Com’è evidente, la data di questa celebrazione cambia ogni anno, ma la sua tradizione culinaria, ben radicata nella nostra società, resta sempre la stessa!
Vi è anche una terza ricetta, quella del casatiello vesuviano, leggermente diversa dal casatiello napoletano di cui sopra parlavamo.
In realtà, casatiello e tortano si distinguono per un’ulteriore caratteristica: l’uso delle uova. Nel casatiello le uova vengono inserite con l’intero guscio a metà tra l’impasto e l’esterno; nel tortano esse, invece, dopo essere state rassodate e sgusciate, sono disposte totalmente all’interno dell’impasto.
Ma perché queste diverse disposizioni? In particolare la forma del casatiello (e dunque anche le modalità d’inserimento delle uova), in questo modo, ne spiega bene il consumo prettamente pasquale: esso è simbolo della corona di spine alla quale fu costretto Gesù; in più le uova sono ricoperte da una croce di pasta, proprio a ricordare il martirio da Lui subito. Per essere più precisi, l’uovo in sé simboleggia proprio la resurrezione di Cristo, che rinasce così come il pulcino allo schiudersi del guscio.
E non solo, ma anche altri componenti hanno un legame particolare con il sacro cristiano ed il profano pagano: ad esempio, il pecorino si ottiene con il latte di pecora, di cui si nutre il piccolo di pecora, ovvero l’ agnello, e l’agnello, prima di essere simbolo della carne del Salvatore, era sacrificato agli dei per i loro rituali pagani.
Questa torta salata prende il nome in prestito dal termine dialettale “formaggio”; tra gli altri, uno degli ingredienti principali di tale prelibatezza. Un rustico antichissimo che si nasconde anche tra le righe di celebri racconti quale “La Gatta Cenerentola” di Giambattista Basile del XVII secolo.
Del casatiello esistono numerose altre varianti non salate, bensì dolci, una particolarmente degna di nota è quella tipica dell’isola di Procida, attorno alla quale ruota un mistero: il mistero degli ingredienti. Ogni famiglia, infatti, possiede una ricetta antica e tradizionale che si tramanda di padre in figlio e non viene rivelata né a parenti né ad amici.


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